L'uso della Maschera
TEATROBOOK
Il Blog di Barbara
Perché il Teatro dell’Oppresso rappresenta uno strumento di cambiamento individuale e sociale?
Perché induce ciascuno di noi a cambiare noi stessi ed il mondo a partire dall'esperienza reale.
È uno strumento per tenere a bada la voce della mente, ed utilizzare l’esperienza diretta per cercare soluzioni ai nostri conflitti quotidiani.
Il Teatro dell’Oppresso ci ricorda che apparteniamo a delle società fondate sulla parola. La parola non sempre rappresenta la soluzione.
Nelle nostre comunità, istituzioni, associazioni o organizzazioni lavorative di fronte ad un problema ci perdiamo in interminabili dibattiti che ci riportano al punto di partenza.
Usare il teatro ci permette di simulare la soluzione che abbiamo in testa e sperimentare se rappresenta un’alternativa concreta di cambiamento.
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Quale metodologia viene utilizzata?
Il laboratorio si svolge mediante attività che includono corpo, suono e movimento.
Vengono proposti esercizi di training fisico ed emotivo in maniera individuale, a coppia ed in gruppo.
Durante gli incontri nascono delle brevi performance a partire dalle storie dei partecipanti. A tutti viene data la possibilità di esplorare le proprie capacità espressive ed i propri talenti.
All'interno del gruppo si costruisce un’atmosfera non giudicante, nella convinzione che ciascuno può fare del suo meglio in relazione alle proprie possibilità ed alla propria esperienza. Si includono momenti di sistematizzazione dei principali concetti trattati.
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Tecniche del metodo
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Giochi-esercizi: tecniche di integrazione, fiducia, sensibilizzazione (dal toccare al sentire, dal guardare al vedere, dall'udire all'ascoltare) e de-meccanizzazione. Il gioco è un esercizio ricreativo singolo o collettivo che impegna la mente e l'abilità fisica. Il gioco nelle sue funzioni analogiche e metaforiche, crea le condizioni di un'immersione in emozioni, ruoli e dinamiche che, prescindendo dal contenuto, possono essere analizzate "come se" fossero generate da situazioni reali.
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Teatro immagine: attraverso le sculture corporee e successive dinamizzazioni, l'allenamento su osservazioni/interpretazione e l'esplorazione dei linguaggi analogici.
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Codici, rituali e maschera sociale: la realtà come semplificazione e codificazione; il trittico persona, personalità e personaggio.
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Esercizi per la creazione dei personaggi: l'evocazione dei personaggi attraverso metodi interpretativi, in particolare Stanislavskij.
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Teatro forum: dalla rappresentazione di situazioni oppressive riconoscibili dal pubblico alla trasformazione dello stesso in attore-protagonista; dall'idea alla lotta sul palcoscenico con gli attori-antagonisti; dall'azione individuale al dibattito.
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Teatro invisibile: la coscientizzazione riguardo determinate problematiche attraverso azioni teatrali nelle quali la gente è inconsapevolmente coinvolta.
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Teatro giornale: la lettura di notizie pubblicamente per coscientizzare gli uditori.
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Flic dans la tete: tecniche utilizzate per il lavoro su oppressioni di tipo psicologico.
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Teatro legislativo: una struttura che mette il metodo teatrale di Boal all'interno di un percorso di ricerca e crescita collettiva del rapporto tra popolazione e Istituzioni.
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A chi si rivolge?
Educatori, Artisti, Attivisti sociali, Terapeuti e chiunque sia interessato a conoscere una metodologia innovativa per il lavoro con i gruppi.

La mia esperienza:
Nel mio percorso di apprendimento in qualità di educatrice professionale, tempo fa sono stata indotta ad approfondire questa metodologia teatrale sperimentale.
Ho partecipato ad un corso sul TdO e alla relativa messa in scena finale di Teatro Forum, utilizzando i giochi-esercizi di teatro dell’oppresso come metafora sociale.
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Percorso Laboratoriale:
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Ecco i due principi fondamentali su cui si basava il laboratorio che ho frequentato:
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aiutare lo spettatore a trasformarsi in protagonista dell’azione drammatica;
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trasferire alla vita reale le azioni che si sono provate nella pratica teatrale.
Il Teatro dell’Oppresso è un teatro di investigazione e di azione, un “teatro-sperimentale” dove il gruppo oppresso prepara le azioni che potranno consentirgli di affrontare le situazioni di oppressione.
Per riuscirci, deve distruggere la barriera che si pone tra attori e non attori; le persone partecipanti dovranno rivestire il duplice ruolo di attore e spettatore in modo dinamico; Boal parlava di ‘spett-attori’ per riferirsi ai partecipanti; tutti devono essere protagonisti delle necessarie trasformazioni della società così come è necessario abolire la proprietà privata del personaggio, poiché ogni attore può rappresentare qualsiasi personaggio.
Con l’aiuto di un conduttore (Jolly), il pubblico viene stimolato a “dire la sua” su un tema, o un nodo problematico, che viene rappresentato in scena.
Non sono contemplati però dibattiti e discussioni: il pubblico, qualora voglia intervenire, deve coinvolgersi in prima persona, entrando in scena al posto degli attori e proponendo, nella piena libertà di agire, una soluzione possibile.
Si tratta di un’occasione per sperimentare sia la capacità razionale di comprendere meglio le situazioni agendole direttamente sia di esercitare la capacità empatica che si realizza sul piano emotivo.
Nella prima fase abbiamo presentato lo spettacolo con il finale deciso dal gruppo degli attori; in seguito abbiamo chiesto al pubblico se fosse d’accordo con le soluzioni proposte o se ritenesse di poter aiutare i protagonisti a trovare altre vie di uscita.
Gli spettatori, identificandosi con il protagonista o sentendosi coinvolti dalla situazione rappresentata, potevano intervenire per mostrare altre ottiche, altre possibilità di risoluzione e di cambiamento. La ricerca di soluzioni possibili avveniva tramite lo scambio tra attori e spettatori: ogni nuova idea diventava una sostituzione e veniva provata in scena per verificarne i limiti, le potenzialità e gli effetti sul contesto.
In gruppo ho esplorato le molteplici dimensioni legati all'essenza dell’oppressore e dell’oppresso. Ho compreso l’ideologia dell’oppressore attraverso differenti tecniche, esercizi e confronto reciproco.
A partire dalle nostre storie e dalle nostre esperienze di vita, abbiamo creato scene in maniera partecipativa, per giungere alla struttura finale dello spettacolo di Teatro Forum.
L’emozione di condividere l’esperienza con il pubblico spett-attore, è stata memorabile e indimenticabile.
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Partecipare ad un evento di TdO significa quindi mettersi in gioco, prendere posizione, misurarsi con il rischio e con le proprie oppressioni; significa altresì sentirsi partecipi e contribuire alla ricerca di cambiamento.
Messa in gioco, cambiamento, apertura alla possibilità ed al rischio: sono le parole d’ordine di questo metodo.